L’olio diatermico è la linfa vitale dell’impianto e non tutti sono a conoscenza di punti deboli e di forza nell’utilizzo quotidiano: a fronte del grande pregio di un’ottima trasmissione del calore, l’olio diatermico può rivelarsi ostico se non gestito nel migliore dei modi. Morchie, perdite di efficienza, gocciolamenti, formazione di gas e altri problemi sono dietro l’angolo se l’impianto non è gestito a dovere.

Avere a cuore lo stato di efficienza dell’olio diatermico vuol dire direttamente operare per il bene dell’impianto facendolo lavorare in condizioni ottimali.

I circuiti ad olio diatermico

Il circuito è l’insieme degli elementi principali che compongono l’impianto attraverso cui si muove l’olio diatermico. Questi blocchi cardine che lo costituiscono sono essenzialmente quattro:

  • pompa
  • caldaia
  • vaso di espansione
  • utilizzo

Ovviamente di ogni elemento ce ne può essere più di uno per ogni singolo impianto (molto comune avere più pompe ad esempio) tuttavia, se seguiamo il percorso dell’olio diatermico vediamo che esso è sempre uguale concettualmente: la pompa fa circolare il fluido termico verso la caldaia, che poi prosegue verso la tubazione che lo porta al punto di utilizzo e infine torna alla pompa di circolazione, che è collegata con il vaso di espansione in aspirazione.

Tutto il circuito è mantenuto in pressione grazie al vaso di espansione che è ubicato nella parte superiore ad almeno 5 – 6 metri più in alto del tubo posto più in alto nell’impianto.

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Pompa di circolazione dell’olio diatermico

La pompa di circolazione dell’olio diatermico è assimilabile al cuore all’interno dell’organismo umano. Costituisce il fulcro dell’impianto ed è composta da un motore elettrico accoppiato ad una girante: si tratta di un albero pieno di scanalature che, grazie alla forza centrifuga, dà propulsione al fluido verso una determinata direzione.

Nella maggior parte dei casi si provvede a installare un filtro a Y, dedicato alla filtrazione olio diatermico, all’ingresso della pompa al fine di proteggere la chiocciola da residui grossolani. La pompa viene coadiuvata dalla spinta idrostatica prodotta dal battente del vaso d’espansione.

Nella media una pompa di circolazione dell’olio diatermico esercita una pressione di esercizio intorno ai 4 o 5 bar. Quando il fluido entra in caldaia si registra un abbassamento di pressione di almeno 2 bar dovuto alla circolazione forzata nel fascio tubiero: in tal modo l’olio diatermico assimila il calore utile al funzionamento.

A volte, quando si verifica un black out di corrente elettrica, le pompe si fermano e si rischia che il fluido stazioni troppo dentro la camera di combustione della caldaia: l’olio diatermico se assorbe troppo calore si rovina (craking), ovvero si rompono le molecole al suo interno. Per questo motivo, in alcuni casi, ci sono pompe di circolazione ausiliarie alimentate a diesel o a benzina.

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Caldaia per impianti ad olio diatermico

Le caldaie negli impianti ad olio diatermico hanno il compito di mantenere la giusta temperatura di esercizio del fluido. Al loro interno avviene infatti lo scambio di energia termica tra l’olio e una sorgente di calore. Questa sorgente può essere gas metano che brucia, oppure i fumi caldi di recupero di altre lavorazioni, per fare due esempi.

Le caldaie per riscaldare l’olio diatermico utilizzano un sistema ottimizzato formato da una serie di serpentine: più tempo il fluido diatermico passa all’interno dell’elemento caldaia, nonchè più è ampia la superficie di contatto del fluido con l’ambiente caldo, più assimila calore.

Le serpentine di questo scambiatore di calore devono essere progettate in modo opportuno nelle lunghezze e nei diametri per evitare uno shock termico al fluido.

Inoltre per fare in modo che l’olio diatermico passi sempre alla giusta velocità attraverso la caldaia vengono installati due pressostati: uno in entrata e uno in uscita. Si tratta di pressostati differenziali in quanto collegati ad una strumentazione elettronica che tiene continuamente traccia della differenza tra le due pressioni registrate.

I pressostati sono di vitale importanza nell’impianto per la loro funzione di segnalazione di differenza di pressione anomala. Uno stop del fluido termico potrebbe causarne l’autocombustione all’interno dello scambiatore di calore, producendo danni irreparabili e pericolosissimi all’intero impianto.

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Vasi di espansione nei circuiti per olio diatermico

I vasi di espansione nei circuiti per olio diatermico sono dei serbatoi in ferro o in acciaio che contengono determinate quantità di fluido. Sono assimilabili a delle cisterne a cilindro poste in piedi ed esercitano pressione idrostatica sul fluido contenuto nelle tubature.

Svolgono oltretutto la funzione di far “respirare” l’impianto, ovvero danno all’olio diatermico la possibilità di espandere il suo volume a causa del calore a cui è sottoposto senza creare sovrapressioni. Infatti in media la dilatazione si attesta al 7% ogni 100° del volume totale di olio.

Facciamo due calcoli. Per dimensionare un vaso di espansione in un circuito di 10.000 litri dobbiamo tener conto di un espansione pari al 20% a 300°, quindi stimiamo una capacità di volume in eccesso di almeno 2000 litri. Pertanto il vaso di espansione dovrà essere di almeno 2500 litri: 2000 litri di espansione e 500 litri di livello minimo per garantire la pressione idrostatica.

Per tenere sotto controllo il livello all’interno del vaso di espansione viene inserita una bacchetta di vetro, oppure un galleggiante: questa copre l’intero range di espansione. Se il livello dovesse essere eccessivo entra in gioco il troppo pieno, ovvero un tubo con diametro non inferiore ad un pollice e mezzo, raccordato alla cisterna di stoccaggio.

I vasi di espansione sono dotati di rubinetto per drenare il fluido durante gli interventi di manutenzione o sostituzione completa della carica di olio diatermico.

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Il rapporto tra punti di utilizzo ed olio diatermico

Si chiamano “punti di utilizzo” o “utilizzi” quelle apparecchiature che hanno bisogno del calore dell’olio diatermico per produrre un lavoro grazie all’energia termica. Uno degli utilizzi più noti è l’evaporatore: si tratta di una serpentina di tubi immersa nell’acqua che la fa evaporare grazie allo scambio con il fluido diatermico a 200°. In tal modo l’evaporatore può produrre fino a 6 bar di vapore acqueo ed è impiegato ad esempio nelle lavanderie industriali, oppure negli ospedali per i processi di sterilizzazione.

Le applicazioni dell’olio diatermico si trovano anche nell’industria alimentare: in una friggitrice industriale l’olio vegetale viene riscaldato e tenuto in temperatura grazie al trasferimento di calore dal fluido diatermico attraverso apposita serpentina.

Esistono impianti che prevedono un singolo utilizzo o più di uno. Possono essere presenti inoltre più di una caldaia per riscaldare il fluido diatermico sempre in maniera ottimale.

Leggi anche l’articolo: Come scegliere l’olio diatermico.